Le notizie di suicidio provocano una reazione che ai più può sembrare inaspettata: i suicidi sono infatti contagiosi
Chiunque abbia passato qualche ora tra i banchi di scuola, avrà sicuramente sentito parlare del celebre romanzo “I dolori del giovane Werther”. Il protagonista, Werther, muore suicida perché innamorato di una donna che sposa un altro uomo.
La divulgazione del libro portò ad un’ondata di suicidi per emulazione in tutta Europa. L’elevato numero di morti ha preoccupato a tal punto che alcuni governi decisero di interrompere addirittura la diffusione del libro.
Da qui la domanda: i suicidi sono contagiosi?
Il sociologo David Phillips, prendendo spunto dal celebre romanzo di Goethe, ha coniato un termine, Effetto Werther, per descrivere al meglio questo inquietante e tragico fenomeno di emulazione.
In Italia un evento simile si verificò alla pubblicazione dell’ opera di Ugo Foscolo “Ultime lettere di Jacopo Ortis”. Foscolo scrive in forma epistolare circa la vicenda di Jacopo Ortis, suicida per amore della giovane Teresa e della patria.
Quando ci domandiamo se i suicidi sono contagiosi, facciamo spesso riferimento alla controversa morte di Marilyn Monroe. Nel mese successivo alla sua morte si è verificato un aumento di suicidi del 12%. Diffondere notizie di suicidi non fa altro che aumentare la possibilità di emulazione? Quindi perché continuare a parlarne?
Una serie molto in voga tra i giovani, 13 reasons Why. La serie tv trasmessa da Netflix, racconta la storia di Hannah Baker, giovane adolescente bullizzata dai compagni di scuola, che si toglie la vita lasciando in “eredità” tredici nastri che raccontano tredici motivi per cui ha deciso di togliersi la vita.
Ad intervenire in gamba tesa sulla serie è un’indagine svolta dal Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry. L’analisi dei dati ha svelato dei numeri che appaiono decisamente inquietanti: dopo la messa in onda della prima stagione i suicidi tra gli adolescenti che vanno dai 10 ai 17 anni sarebbero aumentati del 30%, pari a 195 suicidi in più rispetto alla media.
Se qualcuno ha ancora dei dubbi sul fatto che i suicidi sono contagiosi, lo invito a smettere di leggere. Descrivere il suicidio come inevitabile esito, come unica soluzione diventa pericoloso per le persone vulnerabili. A tal proposito e a sostegno di ciò è intervenuta Rachael Warburton, un nome che magari non dice niente a noi, per ora. La donna infatti ha spedito una lettera al Mirror, in cui spiegava che sua figlia Jessica, fan della serie si è suicidata. Il riferimento alla serie è evidente: la ragazza ha lasciato alcune cassette dove spiegava i motivi del gesto, facendo riferimento agli svariati torti subiti da bulli a scuola.
E’ il più classico del “mi rimpiangerete quando non ci sarò più”, peccato che qui si parli di morte. Proporre storie che sensazionalizzano, romanticizzano il defunto, non fa altro che far credere che qualcosa di scioccante e permanente sia l’unico modo per aiutare gli altri a far capire il proprio dolore.
Usiamo le azioni degli altri per decidere quale sia l’ atteggiamento giusto verso un problema. Capiamo quindi come la comunicazione e l’informazione abbiano un ruolo cruciale e incidano come mai prima d’ora sulla morale comune.
Ogni anno sul nostro pianeta circa 800mila persone si tolgono la vita, una ogni quaranta secondi. Per dare un’idea, mentre stai leggendo queste righe si è suicidato qualcuno.
I suicidi sono contagiosi, ma come possiamo allentare questo problema?
Innanzitutto bisognerebbe evitare di presentare la notizia in primo piano, o quantomeno di non riproporla con insistenza. Difficile da pensare in un’epoca dove molti si venderebbero la madre per un click in più è molto difficile.
Evitare assolutamente di presentare il suicidio come una soluzione di un problema, inoltre dare informazione su dove trovare aiuto potrebbe essere un buona idea.
1 comment
Davvero bell’articolo bbro!