L’antibiotico resistenza si può annoverare tra i grandi problemi di questo secolo, ma come si è sviluppato questo fenomeno?
Era il 1953, il Ministro della Salute americano si alzò per riferire alla camera dei Comuni un’esaltante scoperta. Riguardava la penicillina per maiali.
L’idea era quella di concedere agli allevatori l’autorizzazione a dare antibiotici agli animali, sostenendo che una minima dose nel mangime per maiali avesse un “effetto straordinario” sulla loro crescita.
Proporzionalmente la dose si aggirava tra le due e le venti parti in un milione. Una dose considerata minuscola.
Il Ministro della Salute, ai tempi, riteneva che non ci fossero assolutamente problemi, che non ci si dovesse preoccupare in alcun modo di eventuali effetti collaterali. Gli era stato assicurato che non potevano esserci effetti negativi sulla salute umana.
Alcuni dei presenti in aula ebbero sensazioni ed opinioni contrastanti. Uno su tutti il deputato Hugh Linstead, il quale riteneva che consentire agli allevatori di dare agli animali antibiotici per favorirne la crescita fosse un azzardo. Il motivo? Era una zona sconosciuta.
I test fatti non erano stati esaminati a lungo termine. Sul breve l’effetto era sicuramente lampante: una crescita del peso esponenziale. Rendeva il maiale più succulento e di grande effetto sulle tavole. A lungo andare però non si conoscevano gli effetti sul bestiame, sulla carne, e sugli umani che mangiano quella carne.
La penicillina veniva considerata come vera e propria panacea.
Ma se gli allevatori potevano procurarsi la penicillina da soli, cosa gli avrebbe impedito di alzarne le dose e usarlo in modo diffuso sui loro animali?
Niente, ovviamente. Da questo momento infatti è cominciato l’abuso.
Un altro potenziale disastro, sollevato dal dottor Barnett Stross, era relativo alla diffusione di batteri. Il dottore infatti sosteneva tendenzialmente che, se i maiali fossero stati nutriti così, si sarebbero potuti sviluppare e diffondere nuovi tipi di batteri resistenti alla penicillina, che i maiali mangerebbero regolarmente.
Ne consegue che, se i batteri si fossero trasferiti agli uomini, ci saremmo trovati in difficoltà.
Due problemi che, uniti, hanno comportato un vero e proprio disastro nella modernità: l’antibiotico resistenza.
Antibiotico resistenza: il danno
Gli antibiotici, ad oggi, sono diffusi e abusati in larga parte negli allevamenti e stanno perdendo il loro potenziale nella medicina umana; La scienza infatti fatica a stare al passo con la velocità con cui i batteri si adattano.
La situazione è talmente grave che nel 2011 l’allora direttore generale dell’Oms, la dottoressa Margaret Chan, nel giorno mondiale della sanità, ha lanciato l’ allarme di un’era post antibiotica, in cui molte infezioni comuni, in un futuro prossimo, non avranno più una cura, e ancora una volta uccideranno senza tregua.
In un tale scenario potrebbe non esserci alcun trattamento efficace per una serie di malattie mortali, come tifo, tubercolosi, polmonite, meningite, tetano, difterite, sifilide e gonorrea. Ovviamente l’uso improprio della medicina umana è in gran parte il problema. Nondimeno l’uso massiccio negli allevamenti è complice dell’avanzata di questa vera e propria apocalisse medica.
Ogni dose di antibiotici fornisce senza dubbio un’occasione di sviluppo ai batteri resistenti. Il rischio maggiore lo riscontriamo quando persone o animali ricevono dosi basse. Questa è infatti la condizione ideale affinché i batteri proliferino e affinino la propria resistenza.
Cosa succede negli allevamenti intensivi?
La quantità di antibiotici usata nell’industria del bestiame è enorme. Alla fine del secolo scorso circa metà di tutto gli antibiotici prodotti al mondo erano destinati per uso animale.
Avete idea della portata del problema?
Con gli allevamenti intensivi il problema non ha fatto che aumentare. Questi ultimi infatti rappresentano un terreno fertile per il proliferarsi dei batteri. Gli animali vivono in condizioni pietose, senza il proprio spazio vitale.
Nell’esempio dei maiali, questi ultimi sono separati dalle madri a circa un mese, così che la scrofa sia ingravidata più in fretta. Per la legge europea, un mese rappresenta l’età minima per essere svezzati. Tuttavia , dopo appena quattro settimane, i maiali sono molto più a rischio per quanto riguarda le infezioni. Qual è la conseguenza? Uso maggiore di antibiotici al loro mangime.
Attualmente l’uso di antibiotici negli allevamenti è sicuramente più monitorato rispetto al decennio passato, ma il problema dell’antibiotico resistenza rimane un problema difficile da debellare.